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Ninfe di zecche: più sono piccole, più sono pericolose

Non appena salgono le temperature, arriva anche il pericolo delle zecche. Attenzione! Le loro punture possono provocare patologie croniche.

Zecke auf einer Hand
Zecke auf einer Hand

Una zecca adulta è più visibile di una ninfa.

Con l’arrivo della bella stagione arrivano anche le zecche. Questi parassiti possono trasmettere malattie molto gravi, prima tra tutte la malattia di Lyme o borreliosi. Anche la piccola Tina* (7 anni) di Winterthur è stata colpita da questa patologia.

Secondo Norbert Satz, le ninfe sono le più pericolose. In qualità di esperto di malattie delle zecche, lo specialista di medicina interna di Zurigo si occupa quotidianamente delle conseguenze dell’incontro tra ninfa e uomo. Diversamente dalla mitologia greca e romana, dove le ninfe erano spiriti naturali benevoli, in biologia il nome ninfa indica uno stadio di sviluppo della zecca. Più precisamente, lo stadio intermedio tra la larva e la zecca adulta, le cui dimensioni non arrivano al millimetro.

Paradossalmente il rischio maggiore di contrarre un’infezione dovuta agli agenti patogeni dalle zecche si corre proprio a contatto con questi minuscoli parassiti. «Lo stadio preliminare della zecca è dieci volte più pericoloso della zecca adulta», sottolinea Norbert Satz. Infatti, durante la metamorfosi verso lo stadio successivo, la ninfa perde il 90 percento dei suoi agenti patogeni. Le zecche dei boschi, lunghe normalmente da 2,5 a 4,5 mm, pertanto sono relativamente innocue.

Perché le ninfe di zecche sono così pericolose?

La pericolosità della zecca allo stadio giovanile non dipende solo dalla maggiore concentrazione di agenti patogeni, ma anche dal fatto che a causa del suo colore marrone viene scambiata per una macchia di pigmentazione invece che per un aracnide. Un ulteriore fattore di rischio è legato alla rapidità di trasmissione dell’agente patogeno: già dopo mezz’ora dalla puntura i batteri Borrelia burgdorferi si annidano nella nostra pelle.

Morsicatura di zecche: un'esperienza personale

Una ninfa di zecca, infetta da Borrelia e dall’aspetto non appariscente, all’inizio dell’estate scorsa si è trasformata in un incubo per la piccola Tina di Winterthur di soli 7 anni. Solo con l’aiuto di una lente di ingrandimento, una domenica mattina di giugno la madre è riuscita a identificare il minuscolo aracnide sul lato interno della coscia della bambina e a rimuoverlo con le pinzette. Siccome la sera prima si era fatto tardi, e la famiglia non aveva trascorso il sabato né nel bosco né in giardino, non era stata fatta la consueta ispezione accurata di vestiti e corpo. Si sarebbe rivelato un grave errore qualche settimana dopo.

Quando, dopo un paio di settimane, Tina ha cominciato a lamentare mal di testa e spossatezza, la madre, preoccupata, ha subito collegato i sintomi con la puntura della zecca. Grazie agli esami clinici, la pediatra ha potuto escludere la presenza di una meningoencefalite, ma non è stata in grado di diagnosticare un altro tipo di infezione. Le analisi del sangue effettuate a meno di quattro settimane dalla puntura della zecca non sono attendibili perché durante quel periodo non si sono ancora formati gli anticorpi.

«In linea di massima, i sintomi influenzali che si manifestano dopo una puntura di zecca possono segnalare la presenza della borreliosi, pertanto è consigliabile procedere immediatamente con una cura antibiotica», prosegue il dottor Satz. Nel caso di Tina, che alcune settimane prima aveva avuto una grave infezione da stafilococco curata con una serie di flebo di antibiotici e nel cui ambiente stava girando proprio un’influenza estiva, la pediatra e i genitori hanno deciso di aspettare ancora un po’ prima di somministrare gli antibiotici.

Effettivamente il malessere era scomparso dopo alcuni giorni e sembrava che stesse andando tutto bene. Finché non è comparsa una chiazza rossa grande come un pugno nella zona della puntura, che non prudeva né faceva male. La diagnosi scioccante: malattia di Lyme. «Solo il 20 percento circa dei bambini e degli adulti che contraggono la borreliosi sviluppa un’eruzione cutanea, il cosiddetto eritema migrante a bersaglio», spiega Norbert Satz. Il rush cutaneo viene definito «a bersaglio» perché si diffonde in forma circolare intorno alla zona della puntura della zecca.

Mentre i sintomi influenzali sono relativamente difficili da classificare e quindi molti pazienti non si rivolgono a un medico, la comparsa dell’eritema segnala in maniera inequivocabile la presenza di un’infezione da borrelia. Tanto più rapidamente si procede con la somministrazione degli antibiotici, tanto maggiori sono le possibilità di uccidere i batteri. La terapia medica blocca il più possibile la diffusione degli agenti patogeni nell’organismo e riduce la probabilità di complicazioni. È stata una fortuna per Tina che la sua borreliosi si sia manifestata con un arrossamento cutaneo. Le due settimane successive di terapia a base di sciroppo antibiotico le ha sopportate senza problemi.

Cronicizzazione e sindrome post-Lyme

Anche dopo che la terapia ha avuto successo, non si è mai del tutto al sicuro dai postumi della puntura di una zecca infetta. Le borrelie ben nascoste all’interno del corpo umano potrebbero sopravvivere nel nostro organismo e, prima o poi, causare vari tipi di disturbi. Se si inizia la cura troppo tardi, perché mancavano i sintomi tipici della borreliosi, la malattia può diventare cronica e passare al secondo stadio caratterizzato da dolori articolari, disturbi neurologici, mal di testa e altri problemi diffusi.

Anche la sindrome di Lyme post-trattamento, in quanto reazione immunologica, è una potenziale forma di cronicizzazione e può manifestarsi dopo ogni patologia acuta di borreliosi. Norbert Satz: «Questa sindrome non ha nulla a che fare con i sintomi originari, ma si manifesta in maniera analoga con disturbi neurologici e problemi articolari. La terapia farmacologica può solo trattare la malattia a livello sintomatico.»

Quanto spesso si presenta un'infezione con Borrelia?

In Svizzera una zecca su tre è infetta da Borrelia, ma esistono differenze a livello regionale. Su 100 persone punte dall’agente patogeno, solo quattro sviluppano la borreliosi. Nelle altre 96, il sistema immunitario reagisce prontamente. Il dieci percento dei pazienti soffre di borreliosi cronica, con importanti disturbi di salute che durano mesi, se non addirittura anni. Diversamente dalla meningoencefalite da zecca MEVE, contro la borreliosi non esiste alcun tipo di vaccino.

Per saperne di più sui vettori animali di malattie

di Martina Novak,

pubblicato in data 13.05.2013, modificato in data 23.05.2025


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