Dietro gli attacchi di fame possono nascondersi emozioni non elaborate. Come normalizzare queste abitudini alimentari? Un primo passo nella giusta direzione è il «mindful eating».
Le nostre abitudini alimentari sono strettamente legate alle emozioni. La «fame emotiva» si presenta quando, ingerendo del cibo, andiamo a soddisfare principalmente delle esigenze emotive, piuttosto che riempire lo stomaco. Questo spiega anche perché il mantenimento di una determinata dieta nella pratica fallisce spesso miseramente: perché gli attacchi di fame indotti dalle emozioni non sono un segnale di fame, ma di una carenza a livello psicologico. Tale carenza viene compensata (a breve termine) con l’apporto di calorie.
Ecco i sintomi tipici della fame emotiva: improvvisamente abbiamo voglia di un particolare «mood food», mangiamo precipitosamente, distrattamente ed eccessivamente, nonostante un senso di sazietà vogliamo mangiare ancora di più, mangiamo senza davvero avere fame e abbiamo sensi di colpa dopo il «fattaccio».
Quando mangiare è la principale risposta per affrontare le proprie emozioni, quando ci sentiamo tristi, soli, sfiniti, arrabbiati, stressati o annoiati e il primo impulso è quello di andare in cucina o di mangiare qualcosa, allora questo circolo vizioso ci ha già in pugno. (Continua a leggere qui di seguito...)
Chi è preda di questa fame emotiva ha difficoltà a essere consapevole delle proprie sensazioni, a riconoscerle, anche per quanto riguarda il senso di fame e di sazietà. Nel lungo termine potrebbero svilupparsi malattie legate all’alimentazione o addirittura disturbi alimentari. La cosa pericolosa è che un’alimentazione poco sana ha un effetto tranquillizzante. È quanto rivela una ricerca dello psicologo Michael Macht: «Soprattutto gli alimenti con un elevato contenuto di grassi e zuccheri hanno un effetto consolatorio».
Nell’ambito della ricerca è stato osservato che le emozioni negative dei partecipanti hanno, quasi tutte allo stesso modo, il potenziale di scatenare un comportamento alimentare emotivo. È su questo che fa leva un programma di training ideato dal team di ricercatori per modificare tali comportamenti.
«In questo progetto dedicato al tema della fame emotiva, i partecipanti apprendono soprattutto la consapevolezza, in cui hanno un ruolo fondamentale l’introspezione, l’elaborazione consapevole degli stimoli sensoriali e l’individuazione dei fattori scatenanti come la rabbia», spiega Michael Macht. Si è dimostrato un approccio efficace: nella fase sperimentale, il comportamento alimentare dei partecipanti è effettivamente migliorato.
I fattori stressanti esterni che possono scatenare gli attacchi di fame non si eliminano su due piedi e non è possibile avere sempre uno stato d’animo equilibrato in tutte le situazioni. Nella vita di tutti giorni si consiglia pertanto di praticare il cosiddetto mindful eating per migliorare la consapevolezza delle proprie abitudini alimentari e individuare i fattori scatenanti.
L’impulso a mangiare emotivamente scompare, nel lungo termine, nel momento in cui i problemi che ne sono alla base vengono elaborati: a quel punto si presentano infatti altre vie per superare lo stress. Un consiglio di provata efficacia: per prevenire e superare i problemi psicologici può essere utile un diario.