Ogni anno in Svizzera si effettuano migliaia di interventi chirurgici al ginocchio, senza un evidente beneficio per i pazienti. Ma come è possibile? Le risposte del nostro redattore.
Sono circa 16.000 le operazioni al menisco in Svizzera, che comportano benefici medici alquanto discutibili, se non spesso del tutto assenti, per i pazienti che si sottopongono a questo tipo di intervento. I costi stimati, che si potrebbero risparmiare senza per questo compromettere la salute dei pazienti? Circa 70 milioni di franchi all’anno.
Ma come siamo arrivati a tanto? Questa situazione rispecchia le conseguenze di un intervento politico non riuscito nel sistema sanitario della Confederazione. L’aumento dei costi, accompagnato dall’incremento sproporzionato dei premi delle casse malati, ha lanciato il guanto di sfida alla politica. «Una maggiore concorrenza bilancerà la situazione», questa la loro risposta.
Questo pensiero si fonda su un’ideologia che vede le forze di mercato, e dunque la concorrenza, capaci di fungere da leva per un abbassamento dei costi, senza intaccare gli standard di qualità o addirittura migliorandoli. Evidentemente si è convinti che gli stessi stimoli capaci di regolare il mondo dei consumi siano in grado di soddisfare al meglio le esigenze dei pazienti - o per meglio dire dei «clienti».
Sulla scia di tali considerazioni, nel 2012 è stato introdotto il sistema dei forfait per caso negli ospedali in cui si produce un buon 40 percento dei costi. In parallelo è stata avviata una crescente privatizzazione parziale del settore e da allora si assiste al continuo proliferare di società anonime, il cui obiettivo alla fin fine è quello di generare profitti.
Le conseguenze sono chiare: ampliamento dei volumi, focus sulle patologie «redditizie», priorità del fattore tecnico rispetto alla medicina narrativa. Il sistema reagisce agli stimoli, sebbene meno nel senso auspicato e più nel senso di incentivare le prestazioni di cura orientate alle cifre e al fatturato.
L’idea che la concorrenza favorisca la qualità e abbassi i costi può essere corretta se applicata ai beni di consumo privi di carattere esistenziale. Ma la sanità si occupa di tutt’altro. Nelle preoccupazioni che toccano la sfera della salute e della malattia entrano in gioco meccanismi diversi rispetto a quelli che regolano il puro mercato dei consumi. Inoltre i costi sono a carico dei soggetti interessati solo in parte (sistema solidale dell’obbligatorietà dell’assicurazione malattia). Il che significa che non spetta al singolo paziente valutare il rapporto costi/benefici. Tutti gli altri attori del sistema sono potenziali vincitori.
In un mercato ben funzionante tuttavia serve lo stesso grado di informazione sia per i soggetti interessati che per chi eroga i trattamenti. Non è il caso però del sistema sanitario (a dispetto di Google). Infatti bisogna sempre fare i conti con lo squilibrio di potere e di conoscenze tra medico e paziente.
I medici dal canto loro sono sottoposti, in maniera più o meno evidente, a pressioni di natura commerciale da parte del Consiglio di Amministrazione, del CEO o dei propri superiori. L’elemento più discutibile in questo quadro è rappresentato dalle strutture quantitative con promesse di bonus in caso di raggiungimento di una determinata soglia.
Riepilogando: finora gli stimoli hanno portato a incentivi di natura economica, ai danni dei soggetti che pagano i premi assicurativi e dei pazienti «vittime» di un eccesso di cure. Solo un’inversione di tendenza, con l’allontanamento dalla commercializzazione del sistema sanitario, potrebbe condurre a un miglioramento.
Nel frattempo gli specialisti dell’Akademie Menschenmedizin, preoccupati, organizzano due volte al mese il Café Med, un servizio di consulenza gratuita che sia d’aiuto in fase decisionale, nel bistrot «Chez Marion» della Zähringerplatz di Zurigo. È già qualcosa!
Maggiori informazioni su www.menschenmedizin.ch (in tedesco)