Lo stress è riconosciuto a livello sociale. E se invece si è sottostimolati e annoiati sul posto di lavoro? Le conseguenze sulla salute sono altrettanto gravi.
Se hai risposto affermativamente a più di quattro domande, potresti soffrire di sindrome di bore-out o essere comunque a rischio.
Fonte: Philippe Rothlin / Peter R. Werder: Unterfordert. Diagnose Boreout – wenn Langeweile krank macht. (Mancanza di stimoli. Diagnosi di bore-out - quando la noia diventa malattia) Redline Verlag 2014.
Si parla tanto di burn-out, e non a caso: si tratta di una sindrome che porta all’esaurimento di una persona per via delle pressioni eccessive a cui è sottoposta. Ed è ormai una patologia largamente riconosciuta. Ma chi invece ammetterebbe di essere sottostimolato sul lavoro?
I soggetti interessati cercano con ogni mezzo possibile di nascondere il loro impegno insufficiente – soprattutto nel caso dei collaboratori che lavorano per molte ore davanti a un computer e le cui prestazioni non sono dunque concretamente misurabili.
Il dolce far niente potrà anche sembrare divertente all’inizio: navigare a zonzo su Internet e uscire spensierati dall’ufficio la sera suona davvero allettante. Ma la realtà è ben diversa: nella maggior parte dei casi, la noia sul posto di lavoro si traduce, prima o poi, in un autentico problema.
In questo caso si parla di «bore-out», una sindrome che produce nei soggetti colpiti sintomi analoghi a quelli ipersfruttati, tra cui ad esempio insonnia, problemi digestivi, mal di testa o mal di schiena.
Fare buon viso a cattivo gioco per l’intera giornata, senza mai ricevere stimoli interessanti può, nel lungo termine, rivelarsi faticoso e penalizzare l’autostima – in primo luogo, se s’investe in dosi massicce nell’attività professionale.
Chi non vede un senso nel lavoro che svolge e deve dunque soltanto «ingannare il tempo» rischia di arrivare a fine giornata così depresso da non avere più energie da dedicare ad altre attività, con conseguenti ripercussioni negative sull’umore in generale.
La noia sul posto di lavoro spesso e volentieri non è frutto di una scelta intenzionale: a seguito di rivolgimenti nell’assetto aziendale, può infatti capitare che le mansioni più interessanti vengano riassegnate ad altri. Oppure può essere anche la conseguenza di incomprensioni con il proprio superiore.
E a questo punto comincia il circolo vizioso: chi sperimenta per lungo tempo una mancanza di stimoli sul luogo di lavoro prima o poi realizza di non essere più in grado di sollevare la questione in ufficio senza mettere a repentaglio il proprio posto o rischiare di essere considerato un lavativo.
In un’epoca di frequente soppressione di posti di lavoro, tutto ciò si traduce nella grottesca situazione in cui i collaboratori tendono a rimanere quanto più a lungo in ufficio per difendere il proprio lavoro – anche se di fatto non hanno più nulla da fare. (Continua a leggere qui di seguito...)
La responsabilità di evitare queste situazioni spetta anzitutto ai dirigenti attraverso la valutazione della prestazione concreta e non del numero di ore trascorse sul luogo di lavoro. Essi devono inoltre verificare a campione se il lavoro è ripartito in modo equo all’interno del team.
Ma anche i collaboratori devono dare il proprio contributo: chi si sente sottostimolato dovrebbe renderlo noto per tempo e proporre in prima persona eventuali contromisure volte ad ampliare il proprio spettro di mansioni.