In Svizzera si assumono troppo spesso troppi medicinali, a volte anche inutili o non adatti allo scopo. Il medico di famiglia Stefan Maydl consiglia ai propri pazienti di non accettare supinamente le prescrizioni mediche.
Va bene, lo faccio anch'io ogni tanto.
L'ideale è prendere un farmaco che già si conosce, prescritto dal medico curante o dal farmacista. Negli analgesici si distinguono, grosso modo, 3 livelli di potenza e bisognerebbe sempre partire dal livello più basso, ad esempio aspirina, paracetamolo o ibruprofene. Sono medicinali che si possono assumere occasionalmente anche senza contattare il medico e senza temere danni permanenti alla salute.
Dopo un po' la maggior parte dei dolori passano da soli. Il corpo ha un'enorme capacità di autoguarigione. Basta rimanere tranquilli a casa, bere molto, fare ogni tanto quattro passi all'aria aperta, evitare di bere alcol e di fumare: nel 90% dei casi il mal di testa passa nel corso della giornata.
Il livello di sopportazione del dolore è del tutto individuale, perciò si tratta di una valutazione che ognuno deve fare per sé. Una cosa però è certa: il dolore fa parte della vita e ha un'importante funzione di protezione. Il problema nasce quando il dolore non funge più da campanello d'allarme e diventa, invece, cronico.
Il limite è fluido. E la questione non riguarda solo l'eccesso di farmaci, bensì anche l'assunzione di quelli che non servono a nulla. La faccenda si fa ancora più complicata, poi, quando si prendono 5 o più medicinali in contemporanea. Perché spesso non si è consapevoli del modo in cui farmaci diversi interagiscono fra loro, si potenziano o si indeboliscono a vicenda, per cui il rischio di farsi più male che bene è elevato.
In genere no, a parte sonniferi e antidolorifici. Particolarmente rischioso è assumere di propria iniziativa farmaci da banco in aggiunta a quelli prescritti dal medico curante senza prima consultarlo. Questo succede spesso e volentieri con i medicinali a base di erbe, che sembrano innocui, ma che possono interagire con altri farmaci esattamente come i prodotti di sintesi. E al riguardo non ne sappiamo ancora abbastanza.
Spesso pensano che il paziente se lo aspetti e non vogliono deluderlo. Ma c'entra sicuramente anche il timore di commettere errori di omissione.
Il 25% dei pazienti svizzeri assume antiacidi troppo a lungo e in dosi eccessive. È quanto emerso da uno studio di mediX Svizzera, pubblicato nel 2021 e basato sui dati di 1,3 milioni di assicurati presso Helsana. Nel 2019 le prescrizioni di antiacidi sono costate alle casse malati circa 190 milioni di franchi. «Alla luce di queste cifre è chiaro che qualcosa non funziona», ha dichiarato al «Tages-Anzeiger» Leander Muheim, responsabile dello studio e medico di famiglia in seno alla rete mediX.
Sì. Un classico sono gli antiacidi in caso di problemi di stomaco, che il più delle volte vengono prescritti senza un valido motivo medico, oppure per un periodo troppo lungo. Probabilmente perché sono molto efficaci e si presume che tanto non nuocciano. Nel corso degli anni diventano però spesso un'abitudine. E talvolta i disturbi di stomaco insorgono proprio perché si assumono al contempo anche troppi altri medicinali.
È vero. Però quando un medico prescrive un medicinale, quasi nessuno osa obiettare. Anche la pubblicità televisiva concorre al problema, in particolare nel caso dei farmaci da banco. In tivù si vedono anziani vigorosi e di buon umore che accusano dolori all'anca ma che dopo 2 settimane di Voltaren tornano a pedalare felici e contenti insieme ai nipotini. Una prospettiva allettante, quindi mano al Voltaren.
Certamente! È opportuno domandargli: perché devo prendere questa medicina? Quali opzioni di cura ho? Ci sono alternative? Cosa succede se non prendo questo farmaco? Come paziente, ad esempio, io chiedo sempre: «Nella mia situazione assumerebbe anche lei questo medicinale? La prescriverebbe a suo padre o a sua madre?» Il paziente è l'esperto del proprio corpo. È solo insieme a lui che il medico può decidere una strategia di cura ottimale e personalizzata.
Oltre agli antiacidi, che ho già nominato, i farmaci per abbassare il colesterolo, frequentemente prescritti per prevenire l'infarto. Molti ultra settantacinquenni li assumono regolarmente anche se l'effetto apprezzabile è quasi nullo e in alcuni casi possono addirittura risultare dannosi. Spesso ha tutto inizio con un check-up «generale», che già di per sé non ha granché senso. Le analisi rilevano non di rado valori di colesterolo alti, al che il medico prescrive subito un farmaco. Ma prendere ogni giorno un medicinale che non serve, e che in più può anche avere effetti collaterali, non è certo d'aiuto alla salute.
Da uno studio del 2021 condotto dall'Inselspital di Berna risulta che, tra i pazienti anziani con multimorbilità, 9 su 10 ricevono medicinali inutili o inadeguati. E che non si registrano ripercussioni negative sulla loro salute se alcuni dei farmaci prescritti vengono assunti in dose ridotta o eliminati del tutto. Secondo Nicolas Rodondi, responsabile dello studio, una consulenza più accurata e una migliore aderenza alle raccomandazioni d'uso dei farmaci potrebbero diminuire anche il numero dei ricoveri in ospedale.
Gli antidolorifici non idonei allo scopo, ad esempio preparati contenenti morfina contro il mal di schiena, che possono dare assuefazione. Lo stesso vale per i sonniferi, in particolare nel caso delle persone anziane. Qui andiamo dalle gocce di valeriana acquistabili in farmacia senza ricetta ai molto più problematici farmaci ipnotici come ad esempio il Valium, che oltre ad assuefazione può provocare anche cadute notturne.
Sì, poiché con l'avanzare dell'età si hanno più problemi di salute da gestire. E quindi è facile cadere in un circolo vizioso farmaceutico.
Le farmacie hanno un ruolo importante, poiché per molti sono il primo punto di riferimento. Spesso il farmacista è anche più vicino al paziente. Ovviamente le farmacie guadagnano con la vendita di medicinali, ma nel frattempo è aumentata la sensibilità verso la problematica dell'abuso di farmaci.
Quando qualcuno racconta di non riuscire più ad addormentarsi senza la pastiglietta rosa. O quando vedono più di 5 scatole di medicine sul ripiano della cucina e la persona che le assume non sa dire di preciso a cosa serva cosa.
Molto dannoso. Determinati psicofarmaci aumentano il rischio di arresto cardiaco improvviso. In combinazione con certi antidolorifici, i farmaci per fluidificare il sangue possono causare un'emorragia gastrica dall'esito letale. Al riguardo abbiamo cifre parzialmente attuali dalla Germania, dove ogni anno 25'000 pazienti muoiono a causa degli effetti indesiderati dei farmaci e fino a mezzo milione finiscono all'ospedale per lo stesso motivo. In rapporto alla popolazione, la situazione dovrebbe essere simile anche in Svizzera.
In Svizzera i casi di avvelenamento da oppioidi sono notevolmente aumentati negli ultimi 20 anni. Se nel 2000 il centro Tox Info Suisse riceveva 1,4 telefonate ogni 100'000 abitanti, nel 2019 il numero era già salito a 3,9, pari a un aumento del 177%. Lo ha rilevato uno studio del Politecnico di Zurigo. Nello stesso periodo le cifre di vendita degli oppioidi sono quasi raddoppiate: da 14'300 unità ogni 100'000 abitanti a ben 27'400. L'oppioide maggiormente in circolazione è il Tramadol, un composto poco potente, seguito dal più forte Oxycodon. Tra il 2009 e il 2016 le vendite di Oxycodon sono più che raddoppiate. Andrea Burden, responsabile della ricerca, teme però che queste cifre siano «solo la punta dell'iceberg».
Purtroppo non disponiamo di cifre affidabili, ma in 20 anni di professione medica di cose ne ho viste. Tante persone non sarebbero più in grado di affrontare la vita quotidiana senza sonniferi, antidolorifici o psicofarmaci. Come gli alcolisti, hanno sviluppato una classica dipendenza. Particolarmente problematico è l'uso regolare di antidolorifici oppioidi. Per mantenere l'effetto desiderato, la dose va progressivamente aumentata. E inevitabilmente si diventa dipendenti.
Possono avere senso nel trattamento a breve termine dei dolori acuti, ad esempio dopo un'operazione, e nel caso dei dolori causati da una malattia tumorale. Non sono però indicati per la cura di altri dolori cronici. Qui i medici hanno una grande responsabilità – basta pensare alla cosiddetta «epidemia di oppioidi» che imperversa negli Stati Uniti. Perché i meccanismi in atto oltreoceano funzionano anche da noi: il lobbismo, la sottile opera di persuasione esercitata sui medici, nonché le esigenze dei pazienti che, ovviamente, non vogliono soffrire. Il mezzo migliore per combattere questo fenomeno sono pazienti e medici con senso critico.