Le parolacce sono indesiderabili e offensive nella maggior parte delle situazioni. Tuttavia le espressioni volgari possono anche esprimere gioia e vicinanza. In difesa delle parolacce.
Le imprecazioni possono essere un modo per sfogare la rabbia o la collera. L'effetto che una parolaccia ha su di noi è strettamente legato alla lingua in cui è pronunciata. Le imprecazioni nella nostra lingua madre suscitano una reazione molto più intensa, sia emotivamente che fisiologicamente, rispetto alle parolacce nelle lingue che abbiamo imparato più tardi. Questo è probabilmente dovuto al fatto che la connotazione emotiva di una parolaccia si acquisisce nell'infanzia. Allo stesso tempo, le parolacce rientrano tra i termini che attirano maggiormente l'attenzione e che ci restano a mente con particolare facilità: non c'è da stupirsi, quindi, se ci piace portare a casa dalle vacanze qualche nuova imprecazione norvegese o slovena.
L'effetto non è semplicemente nel significato: per esempio, uno studio britannico dimostra che un eufemismo come «F-word» (o, per esempio, «Porca paletta!» in italiano) non scatena nei soggetti presi in esame la stessa reazione fisiologica della vera e propria parolaccia, sebbene il suo significato reale sia chiaro a tutti. Se si impreca, lo si dovrebbe fare per bene e senza eufemismi!
Non può essere a causa delle lettere e dei suoni in sé che le parolacce hanno un effetto molto più forte su di noi rispetto ad altri termini. I ricercatori si sono chiesti se il potere delle parolacce possa avere a che fare con consonanti potenti ed esplosive come la P e la T. Ma questi suoni si trovano anche in innumerevoli altri termini che non hanno la stessa risonanza. Un altro argomento contro la «volubilità» di certe lettere è che cambia nel tempo ciò che troviamo discutibile o meno. Inoltre non necessariamente riconosciamo subito le parolacce in una lingua straniera, ma dobbiamo prima impararle.
La teoria più diffusa è: il potere delle parolacce risale all'infanzia. Impariamo presto che le parolacce comportano conseguenze negative e veniamo rimproverati o puniti se le pronunciamo. Con il tempo, quindi, il termine da solo scatena una sensazione di disagio, anche quando i genitori non sono presenti. Questo dimostra che ci sono parole più potenti di altre. Le parolacce danno potere. È questo l'effetto.
È il classico tra gli studi sulle parolacce: l'esperimento con il secchio di acqua ghiacciata degli psicologi Richard Stephens, John Atkins e Andrew Kingston. Per molto tempo si è creduto che le parolacce tendessero piuttosto ad aumentare il dolore e a peggiorare la situazione. Per verificarlo, i ricercatori britannici hanno chiesto ad alcune decine di studenti del loro istituto di tenere il più a lungo possibile la mano in un secchio pieno di acqua ghiacciata. Hanno scoperto che coloro che erano autorizzati a imprecare vigorosamente non tiravano fuori la mano dal secchio prima, bensì più tardi rispetto a coloro che pronunciavano parole neutre. Tra l'altro, più la parola è cattiva, maggiore è l'effetto. Tuttavia, più una persona era solita imprecare nella vita quotidiana, meno variava la sua tolleranza al dolore nel corso dell'esperimento.
Nello studio, imprecare ha determinato un aumento della soglia del dolore e una diminuzione della percezione del dolore. Il primo è stato registrato nel momento in cui qualcuno ha tirato fuori la mano dall'acqua. Per il secondo, il fattore decisivo è stato il grado di dolore complessivo dell'esperimento giudicato dai soggetti. I ricercatori hanno anche indagato se l'effetto calmante potesse essere dovuto semplicemente al fatto che le parolacce distraevano dal dolore.
Le parolacce possono anche contribuire ad aumentare la resistenza e la forza. In un altro studio, Richard Stephens e il suo team hanno fatto pedalare diverse persone su una cyclette, sottoponendole al cosiddetto «handgrip test», ovvero un test per misurare la forza di prensione della mano. Anche in questo caso, dire le parolacce consente di spingersi un po' oltre le proprie capacità. Quindi, la prossima volta che senti mancarti le forze, prova a lanciare qualche imprecazione. Vedrai che così riuscirai a fare anche gli ultimi metri.
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Anche le ferite psicologiche a volte possono essere lenite con le parolacce. Nel loro studio, lo psicologo neozelandese Michael Philipp e la ricercatrice australiana Laura Lombardo hanno chiesto a diverse persone di ricordare un'esperienza in cui si erano sentiti esclusi o rifiutati. Coloro ai quali successivamente è stato permesso di sfogarsi verbalmente per due minuti, si sono sentiti molto meglio rispetto a quelli che non l'hanno fatto. Inoltre, tali soggetti non hanno mostrato una maggiore sensibilità al dolore, che è spesso una conseguenza delle ferite di natura sociale.
Di solito associamo le parolacce a sentimenti negativi come frustrazione, rabbia e dolore. Ma esse svolgono anche altre funzioni nella vita quotidiana: ad esempio, a volte si utilizzano espressioni scurrili per esprimere gioia, esultazione e riconoscimento, o semplicemente per dare maggiore enfasi a qualcosa. Se ben dosate e utilizzate nella sede idonea, le parolacce possono aumentare l'attenzione su un particolare tema e renderlo più credibile e convincente. Non da ultimo, i termini scurrili trasmettono connessione e fiducia. Secondo l'esperto di parolacce Richard Stephens, le imprecazioni sono sanzionate e ritenute inappropriate in così tanti contesti che un'espressione volgare può anche significare: mi sento così tanto a mio agio con te che sono tranquillo persino nel dire parolacce. Tanto siamo tra di noi.
«Cazzo» di solito scatena in noi sentimenti più forti e provoca anche una catarsi maggiore rispetto a «fiore» o «sedia». Questo suggerisce che le parolacce vengono elaborate in un punto diverso del cervello. Si ritiene che le parolacce attivino il sistema limbico, responsabile dei processi emotivi, e possano innescare una risposta profonda di lotta o fuga che utilizziamo automaticamente per reagire a un potenziale pericolo. Questo spiegherebbe anche perché le parolacce aumentano l'attenzione negli esperimenti e vengono ricordate meglio di altri termini. Mentre la produzione e la comprensione delle parole sono di solito gravemente compromesse dopo un danno al centro del linguaggio nel cervello, la capacità di imprecare rimane spesso sorprendentemente intatta nella cosiddetta afasia.
Le parolacce possono innescare una vera e propria risposta allo stress nell'organismo. Il sistema nervoso autonomo regola tutta una serie di funzioni fisiologiche come la digestione, la circolazione sanguigna o la frequenza cardiaca, che sfuggono al nostro controllo cosciente. Inoltre, prepara il corpo a reagire a minacce percepite o reali: Il cuore batte più velocemente, viene mal di stomaco, l'adrenalina scorre nelle vene. L'eccitazione emotiva, come lo stress, viene quindi spesso misurata dai ricercatori attraverso l'attivazione del sistema nervoso autonomo: le imprecazioni, come dimostrano diversi esperimenti, sono accompagnate sia da una maggiore conduttanza cutanea, cioè da una leggera sudorazione, sia, in parte, da un aumento della frequenza cardiaca.
Qual è il ruolo delle parolacce quando dobbiamo affrontare una diagnosi di malattia e adattarci a una nuova realtà? Questo è esattamente ciò che la psicologa americana Megan Robbins e il suo team volevano scoprire. Hanno collegato un dispositivo di registrazione a pazienti affette da cancro al seno e artrite, che ha registrato sequenze di suoni e voci a intervalli regolari. L'analisi di questi filmati ha mostrato che le pazienti che imprecavano in presenza di altri - ma non quelle che imprecavano da sole - mostravano più sintomi depressivi nel corso dello studio e si sentivano meno supportate dal loro ambiente.
Ciò ha sorpreso il team di ricerca, anche perché le imprecazioni non erano mai state rivolte contro altre persone, ma sempre contro la malattia o la situazione attuale. Il fatto che le parolacce abbiano delle implicazioni sociali per queste donne può essere legato al fatto che la maggior parte delle pazienti apparteneva a una generazione in cui un vocabolario volgare era ancora più disapprovato per le donne rispetto a oggi. Così facendo, hanno violato le norme di genere e di età.
In un altro studio, invece, la ricercatrice britannica Sarah Seymour-Smith ha analizzato il videodiario di un giovane uomo affetto da cancro alla prostata. In questo caso, l'umorismo, ma anche le imprecazioni, sembravano aiutare ad affrontare la malattia da un lato e, allo stesso tempo, a preservare la propria identità di uomo o la propria idea di mascolinità.