La perdita dell'olfatto dovuta al Covid ha avuto come effetto collaterale un aumento del numero di consultazioni otorinolaringoiatriche. Ma come funziona questo senso poco conosciuto? E soprattutto, come lo si può recuperare? Alcuni suggerimenti per riacquisire l'olfatto.
Il virus SARS-coV2 ha avuto almeno un merito: evidenziare quanto sia importante l'olfatto. Avendo privato la maggior parte delle persone che hanno contratto la malattia della capacità di percepire gli odori, il Covid ha attirato l'attenzione sul complesso funzionamento del sistema olfattivo. Per quanto, infatti, negli esseri umani sembri essere meno sviluppato, è grazie all'olfatto che possiamo godere del profumo di una rosa muschiata, degustare un vino pregiato o rilevare una fuga di gas. Ne parliamo con Antoine Reinhard, medico associato del dipartimento di otorinolaringoiatria e responsabile dell'unità di rinologia del CHUV, che ha visto crescere a dismisura il numero di consultazioni per disturbi dell'olfatto.
«Quando respiriamo, le particelle odorose raggiungono l'epitelio olfattivo, una mucosa neurosensoriale presente nella parte superiore della cavità nasale. Le particelle si legano ai recettori situati sui neuroni olfattivi, che trasformano il messaggio chimico in un messaggio nervoso che può essere compreso dal cervello», spiega Antoine Reinhard. Il cervello, vera e propria biblioteca olfattiva, è in grado di riconosce gli odori e può distinguere, secondo gli ultimi studi, quasi 1000 miliardi di profumi diversi.
Ovviamente sì, i due sensi sono collegati. Ma hanno funzioni diverse. Il gusto, dal punto di vista fisiologico, è la capacità di riconoscere il dolce, il salato, l'acido, l'amaro e l'umami (percezione del glutammato). Sono questi i cinque gusti fondamentali percepiti dalle papille gustative della lingua e che possono persistere anche senza l'olfatto. «Quando si mangia e non si riconosce più il sapore di un piatto o di un vino, il più delle volte siamo di fronte a un problema della retro-olfazione. È questa, infatti, che consente di percepire i sentori e gli aromi, poiché l'aria si unisce alle particelle olfattive prima di risalire verso il naso. Molti pazienti pensano di aver perso il gusto, ma non è così. Hanno perso l'olfatto.»
I virus respiratori, come quelli dell'influenza o altri coronavirus, possono certamente causare la perdita dell'olfatto. Ma il Covid non è l'unica causa di anosmia. «Tra le cause più comuni ci sono le malattie infiammatorie e infettive, come la rinosinusite cronica con poliposi nasale. Quando abbiamo un brutto raffreddore, la mucosa si gonfia e le particelle olfattive non raggiungono più l'epitelio», spiega Antoine Reinhard. Meno noto è il fatto che la perdita irreversibile dell'olfatto può essere causata dalla rottura delle fibre della lamina cribrosa (una parete ossea porosa posta sopra la cavità nasale) a seguito di un trauma cranico. Infine, tutte le malattie neurodegenerative, come l'Alzheimer e il Parkinson, possono esserne la causa. Così come l'età, che offusca i sensi. L'olfatto, come la vista o l'udito, tende a diminuire con il tempo.
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«Nel caso di SARS coV2, si pensa che il virus infetti le cellule di sostegno del neuroepitelio olfattivo. Questo danno provoca il malfunzionamento degli stessi neuroni, giungendo persino a distruggerli.» Ma la buona notizia è che i neuroni hanno la capacità di rigenerarsi e vengono ripristinati in circa tre mesi. «I pazienti che presentano dei disturbi olfattivi dovuti a un'infezione virale sono quelli che si riprendono meglio. Nel caso del Covid, il 60% dei pazienti presenta questo tipo di problemi. La maggior parte di loro recupera l'olfatto in poche settimane.
Mentre alcuni pazienti perdono completamente l'olfatto (anosmia), altri ne lamentano semplicemente la diminuzione (iposmia). Può anche succedere che la percezione degli odori sia distorta o di avere delle allucinazioni olfattive. L'aroma di caffè si trasforma in odore di bruciato (parosmia) oppure può sembrare che tutto profumi di vaniglia o di cannella quando invece non è presente alcuno stimolo reale (fantosmia). «Durante la fase di recupero, il cervello può ancora essere soggetto a piccoli errori. Ma è un buon segno, significa che l'olfatto anche se distorto, sta tornando», spiega Antoine Reinhard.
Dopo aver contratto il Covid, se il disturbo persiste oltre le quattro o cinque settimane, occorre impegnarsi nel recupero dell'olfatto. In che modo? Facendo una rieducazione olfattiva. «Si possono utilizzare quattro oli essenziali, per esempio, rosa, chiodi di garofano, eucalipto, citronella e, due volte al giorno, annusare per quindici secondi le diverse essenze, lasciando un intervallo di trenta secondi tra un'inalazione e l'altra". Dopo alcune settimane, si proseguirà l'esercizio con un'altra serie di profumi di origine diversa. «Questo allenamento ha già dato buoni risultati con altre infezioni virali. Per analogia, raccomandiamo l'utilizzo di questo trattamento anche per il Covid», precisa Antoine Reinhard. Si tratta dell'unico trattamento con valenza riconosciuta per il momento. Nei casi di infiammazione della mucosa, a volte si somministrano corticosteroidi. Alcuni specialisti raccomandano anche la somministrazione di vitamina A in gocce, ma non ci sono ancora studi che dimostrino un reale beneficio.»
Se non si dispone di oli essenziali, non importa. La cosa più importante è allenarsi con tutto ciò che si ha in cucina: caffè macinato, foglie di menta, chiodi di garofano o citronella... è comunque fondamentale utilizzare odori che possono essere facilmente riconosciuti e allenarsi ogni giorno, per tutto il tempo che sarà necessario. «Per fortuna, Il 90% dei pazienti recupera tutto o parte dell'olfatto spontaneamente dopo quattro o sei settimane. Solo il 10-15% di questi avrà problemi più duraturi, che potrebbero persistere per mesi o addirittura anni.»