Stendersi un attimo, chiudere gli occhi e abbandonarsi a un breve sonno rigenerante migliora la motivazione, la concentrazione e il rendimento.
Quando sentiamo le palpebre pesanti e la concentrazione in calo, verso l’ora di pranzo, sarebbe il momento giusto per un sonnellino. Se per molti la pennichella è un’abitudine irrinunciabile, per i bambini invece è spesso motivo di protesta. Di solito, gli adulti che lavorano non possono concedersi un sonnellino intorno all’ora di pranzo, a meno che non lavorino in un’azienda particolarmente progressista, con stanze per il riposo o una pausa pranzo più lunga del consueto.
Un riposo di 20-30 minuti circa, il cosiddetto «power nap», aiuta a recuperare energie per il resto della giornata di lavoro, o perlomeno per le ore seguenti. È dimostrato che un breve sonnellino intorno all’ora di pranzo migliora la capacità di concentrazione e può aumentare il rendimento. Importante, però, è che sia davvero «breve»: «Se si dorme per più di mezz’ora c’è il rischio di cadere in un sonno profondo, con la conseguenza di un risveglio difficile e di portarsi addosso una sensazione di forte stordimento», spiega il neurologo Christian Baumann dell’ospedale universitario di Zurigo, che studia anche gli effetti del sonno. Questo è perfettamente chiaro a chiunque sia mai stato svegliato da una fase di sonno profondo.
«Non tutti, però, hanno per forza bisogno di un sonnellino a mezzogiorno», precisa Baumann. «In realtà serve solo se non dormiamo abbastanza la notte o se soffriamo di sonnolenza diurna a causa di qualche malattia.» In alternativa, il neurologo consiglia piuttosto una migliore igiene del sonno, per esempio «andare a dormire prima la sera». Una proposta sensata ma non facile da attuare per tutti, vista l’importanza che ha la prospettiva di una serata libera per la qualità della vita.